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      L'immagine di quella felicità era venuta a colpirmi nella pienezza della mia baldanza. Non invidiava quelle due creature, ma mi faceva male il pensare che v'erano al mondo esseri tanto piú felici di me.
      Avvenne una reazione istantanea nelle mie idee; mi riebbi subito da quella specie di allucinazione che m'aveva dominato fino allora, pensai al discorso tenuto con Fosca, e ne sentii pentimento.
      Meditava sul modo di dirglielo opportunamente, allorché essendo stati raggiunti da suo cugino che discuteva forte col suo amico intorno ad un quesito di strategia, essa gli disse:
      - Mi sento male, torniamo a casa.
      Il colonnello si rivolse senza risponderle, tutto infervorato come era nella sua discussione.
      - Vi sentite male? - le chiesi con dolcezza. - Mio Dio! forse le mie parole... i discorsi insensati che abbiamo tenuto finora...
      - Voi siete ben crudele - diss'ella.
      E parve che non potesse continuare.
      - Crudele, - esclamai io - e perché? Non vi comprendo.
      - Voi non sapete quanto mi avete fatto soffrire. O siete incredibilmente ingenuo, o incredibilmente cattivo. Parlarmi d'amore, di felicità, parlarmene in tal guisa... - e si calò il velo del cappello, non so se per nascondere la sua emozione, o per celarmi la sua bruttezza in un momento in cui stava per trionfare della mia pietà. - Non comprendevate quanto mi dovevano far male quelle parole?
      - Perdonate, - io dissi con accento commosso - vi giuro che era ben lungi dal sospettarlo: mi avviene spesso di parlare inconsideratamente...
      E avrei voluto aggiungere: «Voi mi avete però provocato». Ma me ne astenni.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





Fosca Dio