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      Nessuno di noi osava rompere quel silenzio angoscioso.
      Ad un tratto, Fosca afferrò con atto disperato le mie mani che io teneva riunite sul petto, e vi nascose il volto esclamando con voce supplichevole:
      - Oh Giorgio, oh Giorgio!
      Finsi di essere sorpreso, di non comprendere.
      - Che avete? - le chiesi io con freddezza - vi sentite forse male? Che è avvenuto?
      - Ah! - gridò ella respingendo le mie mani con violenza, e guardandomi con espressione di affettuoso rancore. E prorompendo in lacrime fuggí nella sua camera.
      Suo cugino fu assai sorpreso di questo incidente.
      - Che hai? Che accadde?
      - Nulla, un'emicrania improvvisa, insoffribile: sto male, non uscirò piú, sono disperata. Vorrei morire, morire!
      - Morire! Sei pazza! - esclamò il colonnello.
      E avvicinandosi a me che ero rimasto immoto sull'uscio, mi disse:
      - Abbiate pazienza, mio caro, voi vedete che mia cugina sta male; non ho cuore a lasciarla sola; andremo un altro giorno a visitare quel castello.
     
      XIX
     
      Quella situazione non poteva durare. Al domani, mentre ci trovavamo a tavola, dissi a suo cugino:
      - Ho ricevuto lettere da Milano che rendono indispensabile una mia gita in quella città; vi sarei obbligato se poteste concedermi una licenza di tre giorni.
      - Accordato - rispose il colonnello. - Se me ne aveste fatto domanda in ufficio, vi avrei forse risposto di no, ma a tavola! Come fare! Voi conoscete il mio debole, e ne approfittate. Fate conto di partire domani? E con qual convoglio?
      - Con quello delle quattro.
      - Bisognerà far anticipare il vostro pranzo.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





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