Era facile accorgersi che ella soffriva orribilmente, e faceva violenza a se stessa per contenersi. Vedeva in lei come qualche cosa che stesse per prorompere, come una fiamma che stesse per avvampare; non mi tenevo affatto sicuro di poter uscire da quella casa senza subire le spiegazioni che tanto temeva.
L'orologio suonò le ore.
- Tre e mezza, - io dissi - non ho tempo a perdere.
Ella alzò gli occhi, e mi chiese:
- Andate a Milano?
- Sí.
- Vi divertirete?
- Spero.
- Mi sembrate molto contento.
- Non ho motivo di essere triste.
- Quando ritornerete?
- Fra tre giorni.
- Vi ricorderete di me?
- Perché no! Ricordandomi di questa città, di vostro cugino... mi ricorderò anche di voi...
Essa chinò il capo. Io mi alzai, e presi il mio cappello. Fosca fece atto di volermi accompagnare nell'anticamera.
- Restate, - io le dissi - non lo permetto.
E stesi la mano quasi per impedirlo.
Essa la strinse tra le sue sí fortemente che ne sentii quasi dolore. Se la portò al cuore e se la premette sul petto con atto convulsivo; poi, prima che io avessi potuto rimettermi da quella sorpresa, abbandonò la mia mano, mi gettò le braccia al collo e mi coperse il volto dei suoi baci, il cui ribrezzo mi fece restare agghiacciato ed immobile.
- Cessate, - io le dissi, sciogliendomi con dolcezza da quell'abbracciamento - cessate per carità; vi vedranno, pensate...
- No, no, - interruppe ella - mi vedessero, e che monta? Oh Giorgio! pietà di me, pietà di me! Io vi adoro.
Si gettò a terra con atto disperato, e mi abbracciò le ginocchia.
| |
Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
|
|
Milano Giorgio
|