Ma avrei fatto volontieri una bassezza per voi. Che volete? È un capriccio. Amate molto quella donna?
- Ve l'ho detto, alla follia.
- È bella?
- Un angelo.
- È buona?
- Un angelo.
- Perché non la sposate?
- Ha marito.
- Ah! E la stimate?
- La stima è una condizione dell'amore.
- Non è vero, ma non importa. Vi renderà dunque molto felice?
- Tanto che temo morirne.
- Sono contenta - diss'ella.
Tacemmo per qualche istante tutti e due. Essa lacerava colle dita l'estremità di un fazzolettino di garza che s'era annodato al collo, e guardava fisso a terra senza batter palpebra.
- Sentite, - le dissi io dopo qualche momento - io soglio porre in tutte le mie azioni una franchezza con cui mi vanto di non aver mai avuto la debolezza di transigere. Questo dialogo pieno di ironia mi umilia, questo ferirsi scambievolmente non è né leale, né onesto, soprattutto è indegno di noi. La nostra situazione è ora ben definita. È necessario che non torniamo piú su questo argomento.
- È ciò che io desiderava.
- Ne sono felice. Spero che non avremo piú motivo di parlare di noi.
- Potete anche sperare che non ci vedremo piú.
- Sia, - diss'io esitando - sarebbe affliggente, ma utile.
Ella si alzò, s'inchinò freddamente, ed uscí senza guardarmi.
Non l'avrei io realmente piú veduta? Ne dubitava.
XXIV
Però, ripensandoci, era lieto di queste spiegazioni. Esse mi davano almeno il diritto di dimenticarla, e mi scioglievano da quel debito di pietà che mi pareva aver contratto verso di lei. Buona, mite, soffrente, l'avrei avuta cara e compianta; fredda, ironica, sprezzante, non avrei piú sentito per essa che dell'indifferenza.
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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