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      Uscimmo assieme. Dio sa in quale stato d'animo io mi trovava!
     
      XXVII
     
      Mi convenne attendere due ore nelle stanze del medico, e per maggior cautela in un buio perfetto. Se non era che la luna era in quella notte piena e chiarissima, non avrei potuto distinguere certi ossicini e certi teschi di cui il dottore aveva ornato simmetricamente il suo caminetto, come di altrettanti ninnoli; e che in quel momento, e visti cosí in quella penombra, non era ciò che vi fosse di piú adatto a mettere in calma il mio spirito, e a prepararmi a quello strano appuntamento.
      Sentiva di là la voce fioca e dolce dell'inferma, e il cicalare sommesso del medico con suo cugino.
      Era vicina la mezzanotte, allorché intesi Fosca dire alla sua cameriera:
      - Mi sento bene, e ho bisogno di dormire, e di esser sola; va pure, e non venire se non ti chiamo.
      La cameriera se ne andò, lietissima di quella concessione. Il medico si accomiatò dal colonnello, dicendogli:
      - Riverrò domattina per tempo, occorre anzi tutto che non la si disturbi, son certo che passerà una notte quieta. Non si dimentichi di prendere la valeriana. Buona sera!
      - Buona sera!
      E l'udii aprir l'uscio ed uscire.
      Vi fu un breve momento di silenzio.
      - Buona notte, - le disse per ultimo suo cugino - me ne vado perché tu possa dormire. Appena alzato verrò a vederti, e se non ti sentissi bene fammi chiamare, non avere riguardi, diavolo!...
      - Sta certo, addio.
      - Addio.
      Ed uscí egli pure.
      Il medico risalí l'altro braccio della scala, e rientrò nella stanza.
      - Siamo a tempo, - diss'egli - attendiamo però qualche minuto per maggior sicurezza.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





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