- Oh amami, amami! Abbi compassione di me! Mi ami tu realmente?
- Sí.
- Mi amerai sempre?
- Sí.
- Giuralo.
Esitai un istante.
- D'un affetto puro... di un affetto fraterno!... - diss'ella.
- Lo giuro.
- Non avrei voluto esigere da te un giuramento diverso: io ne conosco l'importanza, né vorrei legarti cosí a me, quantunque sappia che la mia morte te ne scioglierebbe assai presto. Non voglio che tu sia infelice pel mio egoismo. La natura ha dato a tutti gli uomini un solo mezzo per rendere felici gli altri - amarli - io col mio amore non li posso rendere che piú miseri. Tu ami molto quella donna? - mi chiese ella con accento pieno di mestizia.
- Non me lo chiedere, Fosca, non me lo chiedere.
- E perché? Non ho io caro che tu sia felice? Ti ama ella?
- Lo spero.
- È bella?
- A me piace.
- È alta?
- Come te.
- Come si chiama?
- Clara.
- Ebbi un'amica di collegio che si chiamava cosí. È morta a quattordici anni. Era una bella fanciulla, col naso aquilino, bruna, rideva sempre... È bruna anch'essa?
- Sí...
- Ha i capelli come i miei?
- Dello stesso colore.
- Tanti cosí?
- Non so.
- Guarda le mie trecce - diss'ella sciogliendosi i nastri di una cuffietta che ne teneva riunite due dietro la testa, e gettandole giú pel letto con aria di trionfo.
- Ti piacciono?
- Sono meravigliose - diss'io, prendendone una tra le mani.
E lo erano realmente.
Ella sorrise con aria vanitosa, lieta di quella specie di superiorità che era quasi certa di avere su Clara, e disse:
- Te ne voglio dar una. Strappala.
- Strapparla!
- Sí, strappala, strappala, tira - diss'ella con calore agitandosi.
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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Fosca Clara
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