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      La sua illusione piú costante, quella che non si smentí mai, nemmeno dopo che le malattie m'ebbero deformata come tu vedi, era che io fossi bellissima. Parlava di me alle sue amiche come di un prodigio di avvenenza, e si spaventava dei pericoli che circondavano la mia bellezza. La verità era che le attrattive della gioventú supplivano in parte al difetto di quelle della natura; non ero né brutta, né spiacevole, ma non ero bella; e fu la convinzione che ella aveva infuso a me fino da piccina, che mi rese doppiamente terribile il dovermi ricredere di un errore cosí dolce.
      Tu non sai cosa voglia dire per una donna non essere bella. Per noi la bellezza è tutto. Non vivendo che per essere amate, e non potendolo essere che alla condizione di essere avvenenti, l'esistenza di una donna brutta diventa la piú terribile, la piú angosciosa di tutte le torture. Nella vita dell'uomo non vi è miseria paragonabile a questa. L'uomo, ancorché deforme, ancorché non amato, ha mille divagazioni, ha mille compensi; la società gli è indulgente; non potendo mirare all'amore, egli mira all'ambizione; ha uno scopo; ma la donna non può mai uscire dalla via che le hanno tracciato il suo cuore e la sua vanità, non può tendere ad altro fine che a quello di piacere e di essere amata. Non vi è che la maternità che possa compensarla qualche volta della privazione dell'amore, ma questa ne è il frutto, ed è spesso negata alla bruttezza.
      Mio caro Giorgio, tu comprenderai ciò che io ti voglio dire: io ho provato questo tormento in tutta la sua estensione; io piú che molte altre infelici, giacché la mia sensibilità era disgraziatamente ancora piú mostruosa della mia laidezza.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





Giorgio