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      Oggi sono tentata a non continuare. Mi pareva di aver tante cose a raccontarti, e vedo che finisco col raccontarti nulla. Forse che io non ho sofferto? No, egli è che le cause delle mie sofferenze sono tutte intime, sono tutte morali, e tu puoi meglio immaginarle che io dirtele. E poi, come si può dire un dolore? come una gioia?
      Ho domandato spesso a me medesima se l'apatia e l'egoismo, e talora quella melata crudeltà che li maschera, non sieno altro che una conseguenza di quelle leggi che regolano l'individualità, di quell'impossibilità assoluta di comunanza tra un essere e l'altro che ci tiene divisi e isolati, e forma di ciascun individuo un centro irremovibile nel gran mondo delle sensazioni. Dolori, speranze, affetti, tripudi, tutto è essenzialmente individuale. Sembra che da tutte le leggi della natura si sollevi una voce che ci grida: "Nessuno può addossarsi la soma dei tuoi dolori, o versarti le dolcezze delle sue gioie; nessuno può togliere od aggiungere un atomo al tuo essere: non riporre le tue cure che in te stesso".
      Credetti finalmente di essere amata.
      Un mattino trovai sul mio balcone un mazzo di fiori che vi era stato gettato dalla via. Sopra una cartolina che v'era nascosta dentro erano scritte queste parole: "Vi amo. Lodovico". Chi era questo incognito? Era giovine, bello, veramente innamorato di me? Non lo sapevo, nondimeno era felice, era pazza; v'era un uomo che mi aveva detto: "Vi amo"; ciò era già per me un avvenimento sí grande, che l'ordine delle mie idee ne era interamente sconvolto.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213