Egli era orfano da giovinetto, e mio padre, che era poco piú attempato di lui, lo aveva caro come un fratello. Alcuni amici suoi e di mio padre si radunavano alla sera nella mia casa; erano persone serie, gravi, mature, appassionate di discussioni politiche; e né io né mia madre solevamo far loro maggior compagnia di quel tanto che ce lo imponevano le convenienze. Mio cugino mi disse un giorno: - Come avviene che non ti si vede mai? sembra che tu ci sfugga: hai forse paura dei nostri anni e della nostra serietà? vuoi vederti intorno dei giovani? Lasciane il pensiero a me; porterò qui una calamita piú attraente -. E alla sera fui per svenire allorché lo vidi entrare nella sala collo sconosciuto che mi aveva gettato quei due biglietti.
Egli lo presentò a mio padre come il conte Lodovico di B... veneto ed emigrato. Disse averlo conosciuto già da parecchi giorni al gabinetto di lettura; parlò con entusiasmo del suo ingegno, accennò alle persecuzioni politiche che lo avevano costretto ad emigrare, e aggiunse che si sarebbe forse trattenuto piú mesi nella nostra città, e ci avrebbe onorato alcuna volta delle sue visite. Come seppi piú tardi, egli era stato ragguagliato da mio cugino intorno al mio carattere, alla mia posizione e alla mia fortuna, cosa che per altro non aveva fatto nascere in me alcun sospetto sulla lealtà della sua condotta. Egli era sí spiritoso e sí amabile, che i miei parenti ne furono presto entusiasti; mio cugino ed i suoi amici non potevano piú far a meno di lui, e lo sollecitavano a venire in nostra casa tutte le sere.
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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Lodovico
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