Ti ho detto come l'amore fosse una condizione della mia vita, come questo bisogno fosse esigente e irrefrenabile fino dai primi anni della mia fanciullezza; immagina tu cosa doveva essere allora, cosa è adesso. Io non fui amata piú mai, non sperava piú di esserlo, poiché ove pure la mia disavvenenza non lo avesse reso impossibile, il mio cuore non era tale da darsi ad un uomo comune. Cosí tutto era contraddizione in me, tutto era urto ed antitesi: il cuore, la natura, l'isolamento, le infermità mi spingevano all'amore; la bruttezza, l'orgoglio, le esigenze dell'onore, il dovere me ne trattenevano. Mai lotta piú lunga e piú crudele fu combattuta in un'anima. Ho io finito adesso? ho io vinto? Tu solo puoi rispondermi, o Giorgio, tu solo!".
XXX
In quel frattempo, prevedendo il dolore che avrebbe cagionato piú tardi a Fosca una mia gita a Milano, mi v'era recato furtivamente, e nel giorno stesso in cui ella mi mandava questi ultimi cenni sulla sua vita, riceveva da Clara la lettera seguente:
Ti ho accompagnato col pensiero fino a * * *. Sono le tre dopo mezzanotte, e tu vi arriverai in questo momento. Ho voluto coricarmi subito appena ti ho lasciato, e alzarmi adesso per scriverti e per veder spuntare il giorno. Dico che ho voluto accompagnarti col pensiero, perché dormendo ero sicura di sognarti. Oramai vi sono sí avvezza, e mi par cosa sí naturale, che se passassi una notte sola senza sognarti ne sarei spaventata.
Non puoi credere la strana impressione che mi fa questo trovarmi alzata in quest'ora.
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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Giorgio Fosca Milano Clara
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