Voglio andare domani a passeggiare lungo la via che va a Loreto, dove abbiamo fatto colazione insieme ieri l'altro. Come siamo stati felici! Dio mio! Ma veramente io sono sempre stata felice. Davvero, Giorgio! Sono nata cosí. Un'altra donna, col mio passato si reputerebbe miserissima: io no, sento che sarei ingiusta a lagnarmene. Prima che ti conoscessi ero felice di una felicità mesta, passiva, inconsapevole, felice come lo sono i fanciulli, ma nondimeno lo ero. Te lo dico perché quel debito di gratitudine che io n'ho al cielo mi par quasi che lo esiga. Ho piacere che tu, che altri lo sappiano, come si ha piacere a far conoscere, e a conoscere una buona azione.
Sai! Oggi a pranzo mi furono date alle frutta delle piccole pesche muscate, simili a quelle che ci avevano dato a Loreto. Figurati, ne ho mangiato un profluvio! Un orrore! Assaporandole, e chiudendo un poco gli occhi, mi pareva di esserti ancora vicino.
Lui mi ha detto: - Che diavolo! Tutta quella frutta ti farà male! - Se avesse saputo! Se avessi potuto mandartene una! Ma veramente - l'avrai rimarcato ieri l'altro - io sono ghiotta come i ragazzi, io mangio troppo, io divoro!
Voglio mandarti le primizie della mia età senile!
Ieri la pettinatrice mi ha detto: - Oh, signora, un capello bianco! - Possibile! strappalo -. Era veramente un capello d'argento, e te lo mando perché tu lo veda e lo conservi come la data di un'epoca.
Quella donna mi ha raccontato che il primo capello bianco, gettato in un lago, si cambia in un'anguilla, e si è incaponita a sostenere questa tesi.
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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Loreto Giorgio Loreto
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