Non era in errore. Una sera, nel discendere le scale, intesi che ella parlava di me al suo innamorato in una stanzetta attigua al pianerottolo.
Mi arrestai ad origliare.
- Non sai? - gli diceva ella -ora ne sono proprio certa; la signora Fosca fa all'amore col capitano.
- Possibile! Non lo crederei se vedessi.
- Mio caro, io ho veduto, e ci credo.
- Cosa li hai veduti fare?
- A darsi un bacio.
- Lei a lui?
- No, lui a lei.
- Ah! ah! è doppiamente incredibile! quella donna farebbe scappare il diavolo.
- Tutti i diavoli, è addirittura orribile!
- Vorrei poi vederla in camicia.
- Cattivo.
E in mezzo alle loro risa intesi il rumore di un bacio che si erano dati quasi per accertarsi della differenza che vi era fra i loro ed i nostri.
Mi allontanai profondamente ferito nella mia vanità, triste, mortificato.
Ma ciò non era il peggior male; tutte le persone che frequentavano la casa del colonnello se n'erano avvedute; nessuno osava parlarmene, ma il loro contegno me ne assicurava. Piú volte a tavola aveva sorpreso alcuni sorrisi e alcuni sguardi di intelligenza che mi avevano trafitto il cuore. Si rideva di me quasi apertamente, si parlava di quell'amore come di una aberrazione mostruosa. La sola persona che non avesse penetrato questo mistero, era suo cugino.
XXXV
A questo punto io sono tentato di desistere dallo scrivere queste mie memorie, perché comprendo adesso tutta l'impossibilità di farlo come lo richiederebbe l'importanza de' miei dolori.
La parola - questa pittura del pensiero - non sa ritrarre che le passioni comuni e convenzionali; rende i profili, ma non ha né le luci, né le ombre, non sa mostrare né le profondità, né le salienze; le grandi gioie e i grandi dolori non li sa dire.
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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Fosca
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