E si nascose il volto tra le mani per non vederla. Io mi alzai e me le appressai un poco agitando un fazzoletto; ella si allontanò fuggendo, e facendo tintinnare la sua campana.
- Credi che quella bestia sia piú felice di me? - mi chiese Fosca quando tornai a sedermele vicino.
- Se il non aver affetti e passioni, il non aver coscienza di bene e di male può essere una sorgente di felicità, io credo che sí, - dissi. - E in questo caso, è anche piú avventurata di qualunque uomo avventuratissimo. Ma che ne sappiamo noi? Chi può scrutare nella loro natura?
- Ella era sola, e pareva nondimeno tranquilla. Non si amano forse tra loro?
- Non come noi. Ciò che è strano è che l'uomo soltanto ha orrore della solitudine.
- Tu però la cercavi poco anzi.
- Per un istante.
- Perché volevi esser solo?
- Per pensare.
- A chi?
- Dio mio!... A nessuno, a me stesso, alla natura. Non hai mai sentito il bisogno di esser sola?
- Sí, quando soffriva... per piangere.
- Ebbene...
- Tu volevi piangere? - interruppe ella - e per me?
- Ma no; - io dissi con impazienza - buon Dio; voleva esser solo, ecco tutto.
Fosca chinò il capo con aria mortificata, colse una viola, e mi chiese dopo qualche momento:
- Perché rifioriscono adesso le viole e le margherite, i primi fiori che sbucciano a primavera?
- Credo che si sbaglino, - io dissi - il tepore dell'autunno fa loro immaginare che l'aprile sia già ritornato. Vi sono molti fiori che cadono nello stesso errore. I lillà, i rosai, i sambuchi, tutte le piante primaticce tornano a metter le gemme in autunno.
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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Fosca Dio
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