- Anche il mio è lí. Mi sento una pena, un fuoco, una quantità di sangue... Ti parrà strano che io tanto consunta soffra di troppo sangue, e pure è cosí. Ieri mi sono sentita meglio, quelle graffiature mi avevano fatto bene. Dovresti levarmene un poco.
Si tolse uno spillone dalla cintura, me lo diede e mi disse:
- Forami una mano, forami.
- Ma è una follia! Che idea!
- No, no; - esclamò ella con impazienza - lo voglio, te ne prego, Giorgio!
Io allontanai il braccio, ella fu sollecita ad afferrarlo, a tirarlo verso di sé, e a percuotere la mano che aveva libera sullo spillo. Si ferí leggermente; una goccia di sangue cadde sul mio guanciale.
- Ora sono contenta, - disse ella, - mi fa male, mi abbrucia, sono contenta.
- Va', va'!, - le diss'io - è tardi.
- Sí, andrò, ritornerò domani; fuggirò ancora. Oh! per pietà, non soffrire, non esser triste; guarisci presto, guarisci presto.
Si abbassò a raccogliere lo scialle che aveva calpestato passeggiando. Guardò tutt'intorno alla stanza, guardò il mio letto, i miei mobili, e disse:
- Che pace vi è qui dentro! Che raccoglimento! Che religione! È qui che tu vivi, o mio Giorgio -. Si inginocchiò, e stette assorta un istante non so in quali pensieri; si calò il velo del cappello, si alzò, e mi disse con voce ferma e risoluta:
- Un solo bacio, uno solo, e partirò subito.
La baciai; attraverso il suo velo vidi lucere le sue lagrime.
Prese un lembo del mio lenzuolo e se lo avvicinò alle labbra; baciò anche un piccolo libro che v'era sul tavolino. Quando fu vicina all'uscio, tornò indietro, si fermò a piedi del mio letto, si appoggiò colle mani incrociate sulla spalliera, mi guardò un istante; poi uscí senza parlare.
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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Giorgio Giorgio
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