Intanto che quei carrettieri ci stavano guardando meravigliati, ed ammiccavano degli occhi fra loro - né io poteva non rimarcare il contrasto che il volto cadaverico di Fosca formava con quelle loro faccie rosse, piene, abbronzite - chiesi alla padrona della bettola, se si potesse avere una stanza appartata e accendervi fuoco.
- Non v'è altra stanza che questa, - diss'ella - ma per loro, signori, se vogliono... metterò a loro disposizione la mia.
Salimmo per una scala di legno in una camera vasta, munita d'un ampio camino, dove non tardò a brillare una gran fiamma. Offersi una sedia a Fosca che vi si lasciò cadere sfinita, ne presi un'altra per me, e mi sedetti di rimpetto a lei dall'altra parte del camino.
Eravamo soli, e poiché non era piú possibile evitare una spiegazione, credetti meglio affrettarla e provocarla io medesimo.
- Ecco, - io dissi - o Fosca, a che cosa ci hanno condotto le vostre follie!
Ella alzò gli occhi con lentezza, quasi con fatica; mi guardò e li riabbassò senza rispondere.
- Spero - io continuai - che mi direte quale scopo avete avuto nel seguirmi, quali sono i vostri progetti, quale il contegno che terrete verso vostro cugino, allorché gli sarà nota la vostra fuga, se pure non gli è già nota in questo istante.
- Qualunque sieno per essere le conseguenze di questa mia risoluzione - diss'ella con calma - voi non dovrete parteciparvi in alcuna maniera.
- Mi pare però che in questo stesso momento... Voi sapete che io ho una licenza di quaranta giorni, che andava a fruirne ora per riconquistare in parte quella salute che mi sono rovinato per voi, e che questa vostra imprudenza mi costringerà a rinunciarvi.
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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