- E credete cosí di avermi tolta tutta la responsabilità che mi hanno creata le vostre follie?
- È la seconda volta che usate questa parola "follie". Credeva che almeno del mio cuore non avreste mai potuto dubitare, che ne avreste rispettato il dolore.
- Ma che cosa pretendete da me?
- Nulla.
- Perché mi avete seguito?
- Ve l'ho detto.
- Ma io non vi amo, dovete pure avvedervene.
- Non importa, vi amo io.
- Non avete pensato a che cosa vi condurrà questa situazione?
- Non posso avere altro pensiero che il vostro.
- La vostra salute v'impedirà di seguirmi, non avrete forza di giungere fino a Milano.
- Ebbene, morrò per via.
- Voi credete con ciò di farvi amare, di farvi ammirare; la vostra vanità ha forse in questa risoluzione una parte maggiore che il vostro cuore; disingannatevi; la mia stima, il mio affetto non attingono alcuna forza da questa falsa costanza.
- Mi conoscete assai male - diss'ella. - Io non ho creduto al vostro amore quando asserivate d'amarmi; come potrei lusingarmi di accrescerlo adesso che mi sfuggite? Non ho voluto mai che illudermi. Sono io che vi ho amato, che vi amo, che voglio amarvi. È un impegno che ho contratto con la mia coscienza. Voglio che ci crediate, vi costringerò a crederci. Mi sono votata a voi, ho risolto di morire per voi. Aveva bisogno di uno scopo nella vita, l'ho trovato, lo raggiungerò. Non importa che non mi amiate, potete anche odiarmi, è tutt'uno; anzi preferirò il vostro odio alla vostra indifferenza: ciò di cui voglio assicurarmi è della vostra memoria; voglio costringervi a ricordarvi di me; quando vi avrò oppresso con tutto il peso della mia tenerezza, quando vi avrò seguito sempre e dappertutto come la vostra ombra, quando sarò morta per voi, allora non potrete piú dimenticarmi.
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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Milano
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