Si drizzò di tutta la persona, e mi guardò con aria risoluta e minacciosa. Io rimasi come istupidito dalla paura e dalla sorpresa. Era avvezzo a temere quella donna, e mi meravigliava e mi doleva dell'arditezza che aveva posto in quelle mie parole. Come aveva osato tanto? Comprendevo che ella agiva ora per uno di quegli impeti, di quei súbiti mutamenti che erano cosí facili nel suo carattere, e che sarebbe stato impossibile il continuare con lei una discussione seria e tranquilla.
- Fosca!... - le dissi con accento affettuoso, e mi sentii soverchiato da una súbita angoscia di cuore, e non potei dire di piú.
Ella si portò le mani alla fronte, se la premette fino a imprimervi le traccie delle dita, alzò gli occhi al cielo, e si contorse le mani gridando:
- Ah! io sono disperata, io sono disperata!
Guardò attorno alla stanza con aria atterrita, vide la finestra, esitò un istante, poi vi si avventò con impeto.
- Addio, Giorgio, addio! non mi rivedrai piú!
La raggiunsi prima che avesse potuto aprirla, la trascinai a forza vicino alla sua sedia. Singhiozzava affannosamente senza piangere. L'abbracciai, e me la strinsi al seno con tenerezza.
- Siedi, siedi, - io le dissi - non ti desolare cosí, farò tutto quello che vorrai. Tu tremi, sei pallida!
- Ho freddo.
La copersi col mio mantello, e rattizzai il fuoco.
- I tuoi piedi sono bagnati, i tuoi abiti inzuppati di pioggia; accostati alla fiamma, cosí. Datti pace, datti pace. Non sono cattivo, lo sai, non ti farò alcun male, ti ubbidirò, ma non mi spaventare co' tuoi impeti.
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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Giorgio
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