Ora addio. Tu lo vedi. Io ti scrivo piangendo, e non potrei scriverti di piú; le lacrime cancellano le parole, quasi avessero sentimento di pietà e volessero risparmiare a te il dolore di versarne altre nel leggerle. Io non poteva ingannarti. Poteva essere ancora fra le tue braccia, ma il mio pensiero, il mio cuore sarebbero stati lontani da te.
Il destino che ci separa è inesorabile. Se tu mi hai realmente amata, se ho meritato qualche cosa dal tuo affetto, fa che la tua rassegnazione e la tua virtú mi abbiano a rendere meno terribile il perderti.
Ho lasciato apposta nella tua stanza la mia crocetta di brillanti. Tienila per memoria mia. Sarò felice se mi prometterai di portarla sempre sul tuo cuore. Non ti avrei fatto un altro dono, non avrei osato, ma una croce è simbolo di sacrificio, di abnegazione, di dolore; mi parve che ella avrebbe potuto farti ricordare di me, nella sola maniera in cui desidero che tu abbia a ricordartene. Quel giorno in cui mi lasciasti la prima volta, tu la vedesti brillare sul mio petto, tu la baciasti; vi si vedono oggi ancora le traccie delle nostre lacrime: ho pensato che questa memoria sarebbe stata sacra per te.
Addio ancora. Sii forte, Giorgio, sii ragionevole, non maledirmi. Pensa che soltanto in questo modo io poteva riacquistare la stima di me medesima, non credermi interamente perduta, e tu sii pago di aver amata una donna non affatto indegna di te. Un abbandono piú lungo ci avrebbe disgiunti, questo sacrificio ci riunisce. Se io fossi stata libera, mi sarei uccisa per non sopravvivere al nostro amore; esso fu immenso, ma immenso e terribile ne fu il distacco; tu invece conosci i legami che mi impongono di vivere.
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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Giorgio
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