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      Ma se io fossi stata libera ti avrei amato per tutta la vita.
      Addio, mio adorato, mia anima, (ti chiamerò ancora una volta con questi nomi diletti), addio per l'ultima volta, addio per sempre. Mi dicesti un tempo che assomiglio a tua madre, amami in essa e come essa. Il mio affetto, la mia memoria ti seguiranno fino alla tomba. Sii felice, Giorgio, sii onesto; e che il cielo vegli sopra di te".
     
      XLVI
     
      La prima lettura di quel foglio non produsse in me che un senso di sbigottimento profondo. Poggiai i gomiti sul tavolo, la testa fra le mani, e la rilessi due o tre volte. Non poteva credere che ciò che aveva letto fosse realmente vero.
      La prima impressione che ci dà una sventura grande e inattesa è temperata sempre da un sentimento di strana incredulità, la quale ci trae a dubitare delle cose piú palesi e reali. Se cosí non fosse, quell'impressione avrebbe spesso il potere di uccidere.
      Mi provai a fare colle mani alcune pieghe nel mio abito, a pronunciare forte il mio nome, perché mi pareva di non essere piú io, o di essere in preda ad una tremenda allucinazione.
      Mi alzai, e sorrisi non so di che cosa. Incominciai a camminare per la camera a passi accelerati. Senza accorgermene aveva preso in mano la candela; la mia ombra che si allungava sul pavimento e si piegava alla base della parete risalendola come vi aderisse, mi seguiva su e giú per la stanza. Mi arrestai a contemplarla, l'accorciai e la riallungai appressando e allontanando il lume: mi fermai ad un angolo, e guardai attorno alla camera quasi spaventato, vidi vicino a me un ragno nero che si arrampicava su pel muro, lo abbruciai colla fiamma della candela, e lo sentii friggere e scoppiettare con una specie di voluttà quasi crudele.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





Giorgio