Io pensai a Clara, alle menzogne che le avevano guadagnato il mio cuore, all'inganno bassamente concepito e stoltamente svelato... Oh! sí, Fosca soltanto aveva meritato il mio amore, ella sola mi aveva amato, ella che aveva sfidato il ridicolo, il disprezzo, la collera; ella che aveva rinunziato al suo orgoglio di donna, domandando per pietà ciò che le altre dànno per debolezza, per vanità o per vizio.
- T'amo - le risposi.
- Ripetilo.
- T'amo.
- Ripetilo ancora.
- T'amo.
- Oh! mio Giorgio, mio Giorgio!
Cadde a' miei piedi, mi strinse le ginocchia, e vi nascose la fronte. Quando la risollevò, vidi la sua faccia bagnata di pianto.
- Tu soffri? - le chiesi con dolcezza.
- No.
- Tu piangi?
- Sono lagrime dolci.
Tacque, si curvò sopra di me e coprendosi il volto colle mani continuò a singhiozzare in silenzio. La sollevai da terra, allontanai le sue mani, e la baciai sulla bocca. Trasalí, levò gli occhi verso di me, volle parlare, ma gliene venne meno la forza, e si abbandonò nelle mie braccia mormorando il mio nome.
- Fosca! Fosca!
Non mi rispose. Trasognato, istupidito, senza mente e senz'anima, io sentiva il suo petto asciutto premere sul mio, la sua faccia appoggiata alla mia faccia, cosí presso da udire le pulsazioni affrettate delle sue tempia.
- Fosca! Fosca! sii forte, sii calma; io sono tuo, sono tuo, di nissun'altri che tuo.
- Di nissun'altri? Ripetilo. Non è un sogno? Oh! sí, sarò forte, sarò calma; il tempo è geloso della mia felicità, vedi le freccie di quel pendolo come corrono veloci!
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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Clara Fosca Giorgio Giorgio
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