Andò con passo fermo verso la lampada, la prese e la collocò dinanzi ad uno specchio. Si guardò, gettò indietro con un moto energico della testa il lusso dei suoi capelli nerissimi, e ritornò a me col volto rasserenato.
- Sono brutta; - mi disse con calma - le lagrime sono un falso ornamento.
- Non è vero - le risposi tanto per liberarmi dal peso del mio silenzio.
Tentennò il capo.
- A quindici anni le lagrime, a trenta i sorrisi.
Poi con una specie di civetteria che contrastava stranamente colla sua natura, si accostò alla toletta, si lavò la faccia, arruffò bizzarramente i capelli, e ritornò a me lieta, voluttuosa, tutta profumi, sorrisi e desideri.
- T'amo - mi disse, e si sedette sulle mie ginocchia, incrociando le mani sul mio capo.
Pareva cosí felice, cosí riconoscente, cosí carezzevole, che se anche il proposito non avesse prevenuto il mio cuore, egli si sarebbe arreso per un senso irresistibile di pietà. Quella donna mi amava!
- Tu parti? - mi domandò qualche istante dopo con accento di melanconia.
- Domani stesso.
- Domani!
E parve raccogliersi a meditare. All'improvviso si riscosse.
- Vuoi che io venga teco?
E siccome io non risposi subito, pose una mano sulla mia bocca e mi disse:
- Non schermirti; io so bene che noi non possiamo amarci come gli altri uomini. Un giorno, un'ora, un istante, e poi...
- E poi?
- Si muore.
Ella disse queste parole con tanta sicurezza, che mio malgrado sentii un brivido corrermi per le vene.
- Qual è la donna che tu hai amato sopra tutte?
La guardai meravigliato.
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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