- Ti riscalderò sul mio seno.
- Come sei bello! come ti amo!
Si levò d'un balzo, corse ad uno stipo, prese un paio di forbici: poi venne a me, e me le diede; trasse innanzi i suoi capelli, li raccolse in un fascio colle mani, e mi disse sorridendo:
- Recidili, mio bello, mio amore, recidili; sono tuoi.
E siccome io mi ritrassi, afferrò le forbici e fece atto di reciderli ella stessa. Una parte dei suoi capelli le era sfuggita, tentò di riafferrarli e fu vano; io ebbi tempo di trattenerla.
- Hai ragione, - mi disse ella - hai ragione; piú tardi.
Piú tardi! che voleva ella dire? Perché? E poteva io ingannarmi sul significato di quelle parole? Si sarebbe ella privata della sua sola bellezza in quel momento? Piú tardi! piú tardi! Mio Dio!
In quella si udí lo scatto d'una molla, poi quattro squilli sonori del pendolo.
Quattro ore! Erano passate quattro ore! Levai gli occhi in volto a Fosca e vi lessi lo stesso pensiero. Feci un moto come per ritrarmi; essa mi afferrò, mi strinse, e con un accento intraducibile d'affanno mormorò alle mie orecchie queste terribili parole: - Sii mio! Sii mio!
Una nebbia mi oscurò l'intelletto, e non ebbi forza di resistere. Ciò che avvenne dopo è cosí spaventoso che la mia mente ne rifugge inorridita. Due lunghe ore di spasimi, di grida, di ritrosie ispirate dal ribrezzo, hanno spezzato la mia natura, hanno sfasciato l'edifizio delle mie memorie e inaridito l'ultima sorgente delle mie speranze...
XLIX
Mi trovai nel luogo convenuto presso il castello senza quasi avvedermi d'esservi andato.
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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213 |
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Dio Fosca
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