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      Sull'angolo della contrada degli Spadari, dove sbocca dritto negli Armorari, un uomo di forse quarant'anni, robusto della persona e franco, sebbene macilento in viso, preparavasi ad uscire della bottega in compagnia di un suo amico, e detto ai giovani che badassero al di dentro e non si lasciassero vincere dalla curiosità, cacciossi il berretto in capo, e in due passi fu in istrada. Quand'ecco al disopra della bottega, proprio rasente l'insegna, che era un elmo irrugginito posto a cavalcione d'un'alabarda, aprissi una finestra ed una voce malinconica ma pur gentile esclamò:
      - Perchè vuoi tu uscire, Stefano? Ti pare una bella cosa l'andar a vedere quattro manigoldi metter il capestro al collo a tante brave persone, che alla fine sono nostro prossimo? Via, rimani in casa. E voi, signor Franciscolo, che avete più giudizio di lui, persuadatelo a restare. -
      - Eh, mia buona signora Agnese, non sono già io che ha indotto questo capo sventato di Stefano ad uscire: è lui che vuol andarvi a tutti i modi, ed io per non lasciarlo solo ho dovuto acconciarmi ad andarne con lui. Ma state cheta che non ci accadranno disgrazie. -
      - Disgrazie, tu dici? - rispose l'armajuolo. Che diamine ci può accadere di peggio? La scomunica del papa, la peste, la carestia, la corda, l'impiccatura, e che so io. Sai tu, Franciscolo, che vi sia qualche cosa d'altro da mettere appresso? -
      - Sì; quattro carezze dei cani del Duca - gli disse Franciscolo all'orecchio - e se non tieni la lingua fra i denti.... -
      - Maladetti i cani!


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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