Tra i capi d'accusa accennati nella bolla pontificia del gennajo del 1373 contavansi anche questi, ch'egli avesse invaso gran parte de' beni della Chiesa, che a suo grado disponesse delle dignità ecclesiastiche, che imponesse ai preti gravissime taglie, e che gli obbligasse a custodire i suoi cani con fierissime pene ai contravventori. Più particolarmente poi quella bolla parlava e dell'abate di s. Barnaba, fatto morire sull'eculeo; e del Primicerio della Metropolitana Simone da Castiglione, torturato con altri ecclesiastici e trascinato a coda di cavallo con una mitra di carta sul capo, indi abbruciato a fuoco lento; e di un frate degli Umiliati di Brera, impiccato cogli abili monacali; e dell'abate di s. Benedetto, Giovanni Visconti, tagliato a pezzi insieme a un altro monaco davanti la porta del convento; e di infinite altre dolcezze di tal fatta.
Quello che rendeva strano il suo procedere verso i poveri ecclesiastici, erano i benefizii di cui era largo colle chiese e coi monasteri; ond'è, che da una parte toglieva quello che voleva donare all'altra. Le sue liberalità verso gli spedali, l'erezione di nuovi conventi, le donazioni di moltissime terre a favore dei poveri, ai quali in epoche stabilite faceva distribuire vesti e cibo, le elargizioni alle chiese, erano una prova del suo carattere naturalmente dispotico e capriccioso. E veramente ei si dimostrò sempre tale in tutte le circostanze della sua vita non solo pubblica ma anche familiare. Gli aneddoti narrati nella cronaca dell'Azario e nella novella del Sacchetti, che riguardano due avventure toccategli or con uno spaccalegna, or con un mugnajo bastano a farlo chiaro.
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