V.
La sventura s'avviaPer le città frequenti
E di querele un seguito la scorta,
Tarda ella muove, e spiaLe case dei viventi.
Oggi batte improvvisa a questa porta,
Domani a quella: nè mortal perdona.
Assidua, inesorataAi vestiboli appon d'ogni persona
La funesta chiamata.
SCHILLER, La sposa di Messina.
A questo punto il manoscritto del canattiere manca di due fogli, e salta d'un tratto quello spazio di tempo che correva tra l'avventura in casa dell'armajuolo e il dì fissato per la mostra dei cani. Noi preghiamo i lettori a portarsi in pace questa mancanza e a non volere nessun male ai topi che per avventura avessero rosicchiato quelle carte. Alla fine la lacuna non è che di due giorni, e non è d'uopo fantasticare gran fallo per indovinare che cosa sarà accaduto durante quel tempo. Basti il sapere, e questo la cronaca lo dice, che al finire del secondo giorno, vale a dire alla vigilia della rassegna, il cane trovavasi in ottima condizione, e non aveva un pelo sconciato; sicchè erasi convenuto che il mattino appresso l'armaiuolo sarebbe andato a levarlo per condurlo poscia al palazzo di Barnabò.
L'alba dei tafàni non istava molto a spuntare, allorchè in un salotto terreno del palazzo di s. Giovanni alla Conca, che metteva nel cortile destinato ai cani, sedevano intorno a un gran tavolone di quercia otto o nove canattieri in atto di veder il fondo a una gran pentola di Pestivino, camangiare grossolano ma ghiottissimo a que' tempi, composto di castagne peste cotte nel vino. Il loro vestire più accurato del costume, il berretto piumato, il coltello a lato, come fossero per uscire a caccia, e soprattutto l'aria più trista, più burbanzosa dinotavano sentirsi coloro in quel dì alcun che di più che negli altri; e gli atti energici o trascurati manifestavano chiaramente l'interno sentimento.
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