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      Lo Sciancato non se lo fece dire due volte, e ripigliò:
     
      Se vegliam spesso le nottiInvocando san Nicola,
      Se un visin, ma di quei ghiotti,
      Ci fa scorrer l'acqua in gola,
      Il vegliare almen ci frutta,
      Nè restiamo a bocca asciutta.
     
      E il coro
     
      Il vegliare almen ci frutta,
      Nè restiamo a bocca asciutta.
     
      In quel punto una voce sconosciuta che partiva dal cortile e s'avanzava alla volta del salotto, udissi cantare:
     
      Se alle nostre oneste voglie
      È d'ostacolo un marito,
      O il pudor di sciocca moglie,
      Cui non piace un muso ardito,
      Colla corda e col danaroLi facciam tacer del paro.
     
      E intanto che gli altri ripetevano:
     
      Colla corda e col danaroLi facciam tacer del paro,
     
      un uomo vestito nella stessa guisa che i canattieri, grosso e tarchiato della persona, e con un viso ricagnato da far paura, entrò nel salotto e prese posto nel crocchio.
      - Sei giunto in tempo, Scannapecore, disse Graffiapelle, colmati una mezzina chè l'hai meritata. Quella canzone udita da lontano ha prodotto un effetto straordinario. E poi l'hai cantata con un gusto, con un fare così saporito, che valeva un tesoro. Di' un po', sarebbe forse vero che quelle parole quadrassero a' casi tuoi?
      - Eh, baje, rispose lo Scannapecore, sedendo con quell'aria soddisfatta di chi si è assicurato il giuoco.
      - Eppure, ripigliò l'altro, ho udito certe voci intorno alla Cilia. Basta, hai un osso duro a rosicchiare, perchè Stefano l'armajuolo non è un baggeo da pigliarsi a scherzo, come tanti altri, ed anche la Cilia è una testolina. Ma di' un po', è dessa ancora quella bella creatura di sette anni fa?


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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