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      Maladetta questa peste! Pareva che non la ristasse più. Sai tu, Rodolfo, ch'ella ha spazzato Milano, come una campagna dopo la messe? È questa la prima volta ch'io percorro le vie, dachè sono qui, e non volli neppur passare per la loggia, a bella posta per vedere in viso questa moltitudine che mi corre dietro ogni volta che esco all'aperto. Ma altro che moltitudine! Quattro gatti scorticati, mogi mogi, e con un viso da castagna cotta che mettono paura. Povero il mio paese!
      - E per soprappiù, rispose Rodolfo, la carestia vi passeggia a tutto agio, e finisce di guastare ogni cosa.
      - Quanto ai poveri, soggiunse Barnabò avviandosi alla volta del salotto, ci ho già pensato, ed ho ordinato che si distribuissero frumento e vino in buona copia, oltre le solite limosine che si fanno nello spedale di s. Lazaro dell'arco Romano, in quello di s. Giacomo, e in quello di s. Pietro e Paolo de' Pellegrini. Quello che mi sta a cuore è la mancanza di braccia in questo momento che tanto mi gioverebbero. Basta: i beni confiscati a quei ribaldi che osarono cacciare sul mio, mi daranno ajuto a chiamare qualche banda forestiera. Per ora già non c'è speranza di rappacificarsi con Gregorio XI. Potessi almeno indurlo ad accettare una tregua!
      Così favellando il Duca aveva oltrepassato il salotto, ed aveva posto piede nel secondo cortile, destinato ai cani. Gli alabardieri sfilarono all'ingiro lungo le pareti, e intorno al Duca non rimasero che i due figliuoli con sei lancie e pochi famigliari. Quel cortile era bello e spazioso e pareva fatto a bella posta per una rassegna: esso era stato fabbricato nei primi tempi del governo di Barnabò, allorchè entratagli in corpo quella matta smania di fabbricare, ampliò e costrusse con ingente spesa il palazzo.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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