Graffiapelle, se mi sbrigate alla buon'ora, c'è un tal pizzico di terzuoli che chiedono di entrare nella vostra tasca.
Graffiapelle a quelle parole alzò il capo con un certo sogghigno tra il beffardo e il soddisfatto: ma si fe' tosto serio in viso e assunse il fare d'uomo oltraggiato nella sua dignità, quando vide a canto al suo il viso del Duca, e l'udì esclamare:
- Vivaddio! tu semini terzuoli come se fossero ceci. Ebbene, canonico mio, vedremo se saprai fare altrettanto coi fiorini d'oro. Comincerai dal pagarne una dozzina.
Il canonico inchinossi tutto mortificato e fe' l'atto d'andarsene. Ma il Duca non pareva soddisfatto, e proseguiva:
- Eh! bisogna dire che la tua prebenda sia molto lauta, perchè ti fa diventar grasso anche quando gli altri dimagrano. Tu sei di quelli di s. Stefano, non è vero?
- Sì, messer Duca, rispose il canonico.
- Orsù, domani sloggerai dal tuo posto, perchè ne ho d'uopo per alcun altro: mi hai inteso?
- Osservi, messer Duca, che chi m'ha nominato a tal posto fu l'Arcivescovo, e da lui solo dipende....
- Sozzo cane! gridò Barnabò andandogli contro, devo io imparare da te chi sono e che cosa posso fare? Ti sei dimenticato dell'editto che risguardava voi altri ecclesiastici? Orsù, inginocchiati ribaldo: perocchè qui son'io il solo Arcivescovo, il solo Papa, il solo Signore.
Il povero canonico, tutto spaurito, ebbe di grazia a inginocchiarsi finchè piacque al Duca di rimanergli davanti: poi alzatosi, se n'andò piangendo in cuor suo la grassa prebenda che gli sfuggiva di mano.
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