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      Ell'è sparita, e nessuno l'ha veduta.
      - E il cane?
      - S'intende ch'è sparito insieme con lei.
      Martino stette alquanto sopra pensiero, poi disse sommessamente, sebbene non vi fosse alcuno intorno:
      - Uhm, questa scomparsa non è cosa naturale: qui sotto gatta ci cova, e quasi quasi starei per credere che lo Scannapecore ci entri per qualche cosa.
      - Eh! via, che ci ha a fare la vecchia Marta collo Scannapecore?
      - La volpe e il lupo non si leccano, è vero, ma quando si tratta di votare un pollajo san mettersi d'accordo. Basta, col tempo la cosa verrà in chiaro, ma intanto, sapete, messer Stefano, che il Duca ha comandato allo Scannapecore di venirvi a pigliare voi e la vostra moglie e tutti noi per condurci in quella maladetta ca dei cani a render ragione dell'aver mancato alla mostra?
      - Oh Dio! corriamo tosto a casa a difendere la mia povera Cecilia, il mio Marco!
      - Difendere, voi dite? Non è mica più il tempo in cui un buon popolano colla sua draghinassa poteva farsi chiaro in mezzo a una dozzina di mascalzoni prezzolati. Ora non sono soldati, ma sgherri da combattere, e colla giustizia non c'è da scherzare, ma è d'uopo tener le mani in cesso.
      - Ebbene, noi fuggiremo, sclamò Stefano, intanto che avviavasi correndo alla volta di casa sua. Ma l'altro, pur seguendolo da vicino, gli susurrava all'orecchio:
      - Fuggire, e dove? chi ci raccorrà? chi ci proteggerà contro l'ira del Duca?... Eppure, sì,... meglio fuggire, meglio morir di fame sopra una strada che cadere nell'unghie di Barnabò, o servir di pasto a que' suoi mastini.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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