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      La notte era già alquanto innoltrata e per le contrade era un bujo, un silenzio da cimitero. L'armajuolo quando gli parve il tempo opportuno, si recò cautamente sul davanti della bottega, v'innoltrò il capo e tutto il braccio destro, e gettò in alto il ciottolo, il quale venne a cadere sopra un'intera armatura: e staccatala dalla parete la rovesciò sopra altre due con immenso fracasso.
      Graffiapelle svegliossi di soprassalto a quel rumore, e credette sulle prime che gli rovinassero addosso le case. Spalancò gli occhi, e non ben sicuro del luogo ove trovavasi, si diè a gridare:
      - Chi è là?
      In quel punto un nuovo e più strano rumore come se rovinasse la soffitta si fece udire di sopra; talchè il canattiere, ripigliati un cotal po' i sensi, si diè brancolando a cercare le armi che gli erano cadute, e posta la mano sopra il suo coltello da caccia, lo brandì in atto formidabile, gridando più sicuro di prima.
      - Chi è là?
      Ma niuno gli rispose, e solo dopo un istante di silenzio udissi un urlo prolungato, poscia uno strepito come di gente che s'arrabattasse e s'avvoltolasse nelle stanze superiori. Giù in bottega poi un pianto, un lamento come di bambini che pareva uscisse di sotto la terra.
      - Ohe! questa è nuova, disse tra sè Graffiapelle; che il diavolo fosse entrato qui dentro, e volesse risarcirsi su me delle tante volte che usurpai la sua parte. Venga pure: non sono Graffiapelle se non lo mando a piantar cavoli, e se non gli dico sul muso che valgo meglio di lui nello spaurire la gente.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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