E raccontava come al primo svegliarsi in quel luogo chiuso ed oscuro avesse domandato la mamma, temendo d'essere stato posto colà per castigo; ma poichè non aveva udito alcuna risposta e invano aveva pianto e pregato, gli era venuto uno sgomento, una paura, come di qualche caso straordinario ch'egli non sapeva spiegare. Ora pensava che la casa fosse sprofondata e ch'egli avesse rovinato giù in qualche vota cisterna, ora parevagli d'esser morto e di trovarsi nel limbo, che sapeva esser un luogo oscuro, ove andavano i fanciullini dopo morte. I quali pensieri, fatti più terribili dal silenzio che regnava in quel luogo, avevano talmente oppresso la mente di Marco, che rifinito di forze erasi abbandonato a giacere e poscia erasi addormentato o meglio assopito. Ei non sapeva dire quanto tempo fosse rimasto in quello stato: solo ricordavasi d'aver udito dopo un gran pezzo un rumore lontano, poi alcune voci, per il che s'era posto a piangere e a chiamare di bel nuovo. Questa volta i suoi lamenti erano stati uditi, e apertosi l'uscio, un uomo era venuto a trarlo da quella buca, ed ora trovavasi all'aperto al collo del suo caro papà.
- Mio buon Martino, diceva per via l'armajuolo, stringendo la mano al garzone, se il cielo farà ch'io possa tornare in prosperità, sarai ricompensato del gran servigio che mi hai fatto.
- Oibò, messer Stefano, rispondeva l'altro, che parlate di ricompensa? Credete voi che un'opera come questa si possa ricompensare così facilmente?
- Lo so, Martino, lo so che ci vorrebbe assai più di quello ch'io potrò fare.
| |
Marco Martino Stefano Martino
|