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      Se non v'ho trattato lautamente le volte che v'accolsi in casa mia, non v'ho neppur messo alla porta; e voi ve ne dovete ricordare.
      - Che? Stefano Baggi, qui a quest'ora? Che malanno vi è accaduto? Aspettate che apro subito.
      Il frate, ciò detto, diè piglio all'informe mazzo di chiavi che pendevagli dalla cintura, e aprì la portatori tanta fretta quanto in sulle prime era andato a rilento. Poscia allorchè l'armajuolo e il garzone furono entrati, richiuse la porta, la sbarrò, e pigliato sotto il braccio Stefano in atto confidente gli chiese la cagione di quell'insolita venuta.
      - Oh! la è una storia troppo lunga da raccontarvi, e qui non istiamo a nostro agio. Ma voi non ne avete udito nulla? proprio nulla? Non mi par quasi vero!
      - Eppure la è così. Sapete il proverbio che dice: Par che tu stii in un convento. In questi giorni poi non usciamo senza un grave bisogno, sicchè le novelle ci rimangono sulla soglia.
      - E a me sono entrate in casa, vedete, e in un modo, che.... basta, mi sono sforzato di rassegnarmi alla volontà del Signore, ma non ne sono ancora venuto a capo. Ho gran bisogno di parlare col padre Teodoro. Quel degno uomo mi darà un buon consiglio, e mi inspirerà un po' di coraggio colla sua fermezza e col suo senno.
      - Il padre Teodoro adesso è in chiesa cogli altri frati a dir la compieta, soggiunse il padre Andrea. Presto però avrà finito.
      Infatti nell'innoltrarsi che facevano sotto l'andito, le orecchie di Stefano e di Martino furono colpite da una lontana salmodìa, che a poco a poco andava facendosi più chiara e più distinta, finchè venuto affatto vicino quel canto grave e misurato udissi in tutta la sua pienezza.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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