- La benedizione del Signore sia con voi, diss'egli nell'entrare che fece nella sua stanzuccia. Qual buona ventura ti conduce qui, mio caro Stefano?
- Oimè! non tanto buona, padre Teodoro, rispose l'armajuolo. Voi vedete in me l'uomo più infelice che esista.
- Che?... Il vedervi qui, solo col fanciullo, a quest'ora... sarebbe forse accaduto qualche male alla vostra Cecilia?
- Oh! sì; pur troppo, e non solo a lei, ma a tutti noi, e tale, che non ha rimedio.
- Il Signore è potente e misericordioso, rispose gravemente il frate, non bisogna mai disperare della sua provvidenza.
- È vero, disse Stefano sospirando, sarò io che avrò meritato questo castigo, e non me ne lagno. Ma pure, vi son dei momenti....
- Infine, dite su, che cosa v'è accaduto?
In quel punto entrò anche padre Andrea, e tutti e quattro sedettero intorno alla tavola, intanto che Stefano raccontava per disteso il fatto avvenutogli. Padre Teodoro lo stette ascoltando in silenzio a capo chino, a guisa d'uomo assorto in profonda meditazione. L'armajuolo aveva finito di parlare, che il frate era tuttavia nella medesima attitudine, e pareva quasi non aver dato orecchio alla narrazione. Gli altri tre lo stavano guardando maravigliati e riverenti, e tacevano per non turbare i pensieri di lui. A un tratto ei balzò in piedi, e alzati gli occhi al cielo in atto di profetica inspirazione, gridò:
- Sì, la misura è colma. l'ora dell'emancipazione è venuta. Il Signore scenderà in me, e parlerà da' miei labbri, e l'empio si scuoterà al suono di quelle parole e si nasconderà la faccia nelle mani, perchè esse parleranno la verità. E il cuore di luì si ammollirà all'annunzio della parola di Dio, o si spezzerà sotto la folgore dell'ira sua.
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