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      Sarà un merito di più per ottenere la palma del martirio.
      - Ebbene, dov'è il carnefice? dov'è la corda? chiese il frate. Io son qui, mi son messo volontario nelle vostre mani, perchè il Signore ha voluto tentare un'ultima via per aprirvi gli occhi, ed ha scelto me per suo strumento. Ora che il suo servo non è più atto a nulla, ei lo chiama a sè, e gli mostra la gloria del paradiso. Or dunque che tardate ad uccidermi?
      - E voi pure, siete dello stesso avviso? chiese Girardolo al padre Andrea, il quale stava a capo chino recitando fervorosamente le sue orazioni. Anche a voi fa gola la palma del martirio? Se dovessi badare alla ciera, parmi che non vi dovrebbe rincrescere tanto questo mondaccio doloroso, perchè m'avete un viso paffuto a rubicondo che consola. Basta: Ognuno ha i suoi gusti, ed io non sarò già quello che ve li disputerà.
      Padre Andrea non diè retta alle maliziose parole di costui, e tirò innanzi a pregare, perchè sentiva dentro di sè il bisogno di accostarsi tenacemente a Dio per non pensare più alla terra, dalla quale, a dir vero, distaccavasi un po' malvolentieri. Con tutto ciò, siccome non voleva parer di meno del padre Teodoro, mostravasi esso pure infervorato di santissimo zelo, e fors'anche lo era: ma la umana fragilità combatteva in lui più potente e più libera che non in quell'anima grande, e il pensiero della morte vicina gli appariva più terribile e più fiero che mai. Quanto a speranza di cavarsela, non glien'era pur venuta l'ombra, perchè sapeva già di che natura fosse il Duca, e peggio poi che razza d'uomo era quel Girardolo della Pusterla, ministro, procuratore, faccendiere, imbroglione, mezzano, insomma l'occhio destro di Barnabò. Costui era temuto in Milano assai più che il Duca medesimo; perchè Barnabò poteva qualche volta perdonare per capriccio, Girardolo, sia per entrare nella grazia del suo signore, sia per esercizio di potere non ne menava mai una buona.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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