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      - A te, dunque, Tonio, porgigli la mano, disse lo Scannapecore, ho piacere che vi pigliate in amore. Che? Tu, Tonio, rifiuti di accostarti a lui? Vuoi proprio che il cane dia esempio a te di carità e di buona creanza? Or bene, Bruciavia, un abbraccio, ma da buon amico.
      Tonio, il quale non sapeva ormai più in che mondo fosse, sentì d'un tratto alcun che di pesante cadergli sulle spalle, ed ebbe ancora tanta forza da alzare gli occhi davanti a sè. Ma, oimè! qual non fu lo spavento di lui nel vedersi a due dita dal naso il muso del mastino che, spalancata la bocca pareva attendesse solo il cenno del canattiere per isbranarlo. Al povero garzone si appannò la vista, e il cervello sbalordissi come se fosse stato colto da una subita percossa, talchè stramazzò sul terreno. Fors'anche di questa sua caduta era stato cagione il cane, il quale nel saltargli che fece al collo, gli aveva dato un urto così violento, da farlo traballare, se fosse stato più fermo di quel che era. Il fatto è, che Tonio giaceva per terra senza trar fiato, col viso pallido come un cadavere, e colle membra stirate; tanto che i canattieri ebbero di grazia a farglisi intorno, e a cercare di farlo rinvenire.
      - Per Dio! Bruciavia, tu lo stringi troppo quel povero diavolo; orsù, lascialo, e va in tua malora, sclamava lo Scannapecore nel mentre che adoperava la voce e le mani per isciogliere il povero Tonio dall'amplesso del cane. Intanto alcuni erano corsi per acqua e per aceto, e gli altri stavano in faccende un po' colla voce, un pò coi piedi a tener lontani ì cani, i quali vedendo un uomo supino aggiravansi ringhiando all'intorno.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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