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      Quel che poscia sia avvenuto di lui, nè quanto tempo rimanesse in quel luogo, egli nol seppe, perchè quando si destò, era già il giorno alto, e il sole battevagli sul ventre traverso le vetriate dei balconi. Il garzone si guardò stupefatto attorno, e non gli sembrò vero di trovarsi ancora sul suo strato di paglia nel medesimo luogo di prima, col pane e col vaso dell'acqua vicini. Se non gli fossero rimaste le percosse nel corpo che gli davano un dolore fortissimo, avrebbe pensato che tutto ciò fosse stato un sogno, ma nell'alzare che fece una mano alla nuca, dove lo spasimo era più forte, la ritrasse tutta molle di sangue rappreso, il che non gli lasciò punto dubbio sulla sua caduta e sugli altri suoi casi.
      Nè la Cecilia, che lasciammo rincantucciata in un angolo della sua prigione, aveva passata una notte migliore. Dopo essersi caldamente raccomandata alla beata Vergine, s'era ricordata di avere sopra di sè una piccola croce dorata, ch'ella teneva come un tesoro, perchè statale donala dal padre Teodoro, e benedetta in articulo mortis. Pertanto la trasse dal seno, e baciatala con effusione di affetto, se la pose innanzi, tenendola fra le mani, e si diè a pregare fervorosamente. Dopo la qual preghiera, le parve di sentirsi più sollevata, più libera, e le nacque un coraggio che prima non aveva. Tanto che tra un pensiero e l'altro, essendo già notte fitta, si lasciò andare a chiuder gli occhi e s'addormentò un cotal poco. Allora le parve di essere trasportata in paradiso, e vide il padre Teodoro tutto risplendente di gloria, che, fattosele vicino, le additava tre seggi voti, e udì che le diceva: - Sta di buon animo, Cecilia, questi seggi sono per te, per tuo marito e pel figliuol tuo, ma la vostr'ora non è ancora venuta, e voi godrete giorni felici per lungo tempo sulla terra.


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La cà dei cani. Cronaca milanese del secolo 14.
cavata da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
di Carlo Tenca
Editore Borroni e Scotti Milano
1854 pagine 168

   





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