I sovrani, soliti a vedersi circondati da folla di gente, cui era perfino delitto il pensiero d'indipendenza, credevano che la sommossa della Francia sarebbe soffocata nel suo nascere. L'austriaco Imperatore congiunto con i vincoli del sangue alla famiglia dei Borboni, fu il primo a prendere le armi per porre un argine ai progressi della rivoluzione. Ma nè gl'inconsiderati tentativi della Corte di Berlino, nè gl'impotenti attacchi della Spagna, nè tutti i dispendiosi sforzi dei gabinetti di Londra e di Germania, nè tampoco la debole barriera opposta dal Re di Sardegna, poterono trattenere le vittoriose falangi della Francia, le quali, non più curando le inaccessibili sommità delle Alpi, piombano in Italia, fugano per ogni dove gli eserciti de' suoi dominatori e recano ai popoli da loro conquistati quella libertà che da più secoli avevano perduta.
Milano, abbandonata dall'ultimo suo governatore, l'arciduca Ferdinando, divenne conquista del vincitore, intantochè immersa nelle sue antiche abitudini, spaventata da' falsi presagi di un avvenire burrascoso, ondeggiò per qualche tempo fra la speranza ed il timore, e la discordia che divideva spesso l'opinione de' cittadini, ritardavale un'epoca che in apparenza la doveva restituire al lustro delle sue antiche glorie. Alcuni personaggi che sostenevano la rappresentanza del popolo, avendo chiesto di costituirsi in repubblica, sebbene tuttora fervesse la guerra tra la Francia e la Germania, il supremo generale Bonaparte accordò loro, il 9 luglio 1797, la desiderata nuova forma di Stato col titolo di Repubblica Cisalpina, al governo della quale era un direttorio esecutivo, composto dai cittadini Serbelloni, Moscati, Paradisi e Sommariva, e un corpo legislativo, il tutto sul modello della repubblica francese.
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