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Canto del Crociato.
Via da noi Tedesco infido,
Non più patti, non accordi:
Guerra! Guerra! ogn'altro grido
È d'infamia e servitù.
Su que' rei di sangue lordi,
Il furor si fa virtù.
L. Carrer.
Le Autorità di Milano parte venivano chiamate a Vienna, parte fuggivano. Fra le prime furono il plenipotenziario Ficquelmont, che sperava con un buon teatro farci dimenticare e Pio IX e patria e patimenti, ed il conte di Spaur governatore della Lombardia; delle seconde fu l'arciduca Ranieri, vicerè di queste provincie e delle Venete. - La città restava abbandonata a Radetzky, capo del militare, ed a Torresani, direttore della Polizia, ambo di un solo pensiero distruttore verso di noi, i quali fino ad ora non conosciamo l'origine di tant'odio.
La rivoluzione vittoriosa della Sicilia aveva destato il nostro entusiasmo, quella di Francia la nostra ammirazione; ma quella di Vienna ci scosse e non ci lasciò pensare più oltre. Quest'ultima rivoluzione strappava all'Imperatore una promessa di future concessioni che perveniva anche tra noi(21). Ma i nostri cittadini, parte corrucciati dalle condizioni lagrimevoli in cui veniva abbandonata la bella Milano, parte stanchi delle insolenze e ribalderie della Polizia; intuonarono l'inno di guerra. Su molti angoli della città furono affisse e diffuse le seguenti
DOMANDEDEGLI ITALIANI DELLA LOMBARDIA.
Proclamiamo unanimi e pacifici, ma con irresistibil volere che il nostro paese intende di esser italiano, e che si sente maturo a libere istituzioni.
Chiediamo offrendo pace e fratellanza ma non temendo la guerra:
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