«Accortosi i Croati di tale fuga spararono dall'alto della scala varie fucilate, e colto da quelle l'uom di servizio cadde estinto. Allora il Fortis gettandosi in una stanza laterale, riparavasi sotto il letto del suo cuoco. Gli assassini venivano a lui ricercandolo, ed egli trepidante li sentiva avvicinarsi. Anzi due o tre di quei masnadieri postisi a sedere sul letto, sotto il quale egli stavasi nascoso, incominciarono colà a dividersi il depredato danaro.
«Quando piacque a Dio alla fine partirono, ed il Fortis potè allora discendere nella cantina, che per essere già stata invasa due volte, era allora la parte più sicura della casa. Infatti quietamente postosi colà dietro una botte potè per più e più ore aspettar senza pericolo il tardo allontanamento dei ladri.
«Intanto che accadevano le narrate cose, la maggior parte dei Croati che si era colà introdotta, saccheggiava e devastava tutto il grande fabbricato, commettendo mille nefandi delitti, ed inumanamente uccidendo operai, donne e fanciulli.
«Il padre del giovane Ernesto Fortis, che fino dal primo entrare degli assassini era stato spogliato di sue vesti, vedendo ognora aumentare la ferocia di quelli, si gettò boccone a terra fra morti, ove stette per ben quattro ore immobile. Così creduto morto da quelli, campò la vita.
«Una giovinetta di circa 13 anni venne scannata, e così pure qualch'altra donna che lavorava in quello stabilimento.
«Un infelicissimo padre si trascinava avanti ai barbari traendo per ciascuna mano un fanciulletto.
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