Il Comitato eretto in Bergamo non si stancava intanto di mandare staffette a Como ed altrove, esploratori, eccitatori all'insurrezione, talchè l'attività di quel Comitato ed il valore dei combattenti di Lecco valse a noi più che una armata all'inimico. Il contado di Varese insorse pure ben presto, e potè riunire una bella colonna d'armati fra abitanti di Varese e volontari della riviera di Piemonte, i quali sono tutti occupati dalla nostra amministrazione di guerra. L'impeto, la risolutezza distinsero quei di Lecco e di Varese, come la previdenza, l'ordine e la celerità distinsero i Bergamaschi.
A Como invece fu, si può dire, un assedio regolare alle Caserme, condotto quasi colla più esperimentata scienza militare; dopo la vittoria fu un subito ordinarsi come d'antichi soldati e non d'uomini nuovi alla guerra. Il giorno 18 stesso, appena si seppe l'insurrezione di Milano, i Comaschi andarono in armi al Municipio, chiesero la Guardia civica, l'ottennero e la notificarono ai soldati. Il colonnello comandante al presidio dichiarò che non vi avrebbe posto alcun ostacolo, finchè non si fosse fatto violenza a' suoi. La guardia si ordinò, prese la polveriera, e nella domenica durò quell'accordo, leale da parte de' cittadini, slealissimo da parte de' capi militari, i quali, quando le notizie di Milano fossero state loro favorevoli, si disponevano ad incrudelire con atroce vendetta, come ne facevan fede le violenti minacce. Ma, visto come Milano teneva fermo, visto che molti civici partivano a dar soccorso all'assediata capitale, incominciarono al lunedì a far fuoco dalla maggior caserma esterna detta di san Francesco, ed uscirono contemporaneamente dalla caserma interna detta Erba.
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