I.
Nel dire ch’io farò di Antonio Rosmini, mi conterrò nelle cose ch’io posso attestare com’uomo che l’ha conosciuto dalla sua giovanezza; e mi sarà conforto al dolore rammentare come la vita di lui fosse tutta una tranquilla, e fin da’ primi anni preordinata, armonia.
Nato in Rovereto, l’amenità del paese cominciò bentosto a svolgere in lui il senso della pura bellezza alla quale aveva informato lo spirito e n’erano indizio i lineamenti del viso composti a modestia dignitosa, avvivati di subito rossore ch’esprimeva la schiettezza dell’anima e l’agilità del pensiero, n’era indizio la persona agile e forte, ritraente della materna delicatezza e un po’ del rigido vigore paterno. Le quali due doti si contemperarono anche nell’animo suo, e lo fecero umile nel decoro, nell’austerità mansueto. L’amore delle naturali bellezze più minute conciliavasi in lui, come suole nelle anime elette, all’amore del grande, e così un tremolare di fronde quasi vive allo spirito del vento, come l’ampio prospetto de’ poggi e de’ monti, lo commoveva. Ne’ giovanili suoi versi rammenta
. . . . . il mio dell’Adige alla spondaCaro all’aurette mattutin passeggio
all’ombra de’ meli e de’ salici. E l’istinto e la elezione pensata, ben più che il caso, lo portarono a morire in paese ancora più ameno del suo natìo; e la Provvidenza che guida i suoi prediletti, gli diede vicino, fratello meglio che amico, Alessandro Manzoni ch’egli aveva conosciuto in Milano sin dal vensei; e mi gode l’animo ricordando che l’introduttore fui io, non ad altro titolo se non per avere conosciuto il Manzoni un po’ prima e confortatomi de’ colloqui di lui per solo merito di sua bontà sofferente.
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