Già, pria che sciolto il gruppo amico, ognunoAlcun po’ lasso del piacer, non sazio
Delle dolcezze, in suo quieto albergoPur ricolga . . . . . . . . .
. . . La vita mia tranquilla scorreQual zeffiretto che sul fior trapassi:
Acre d’auro pensier non la intristisce,
Nè il sospetto . . . . . . . . . . . . .
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Nè ovunque serïosa l’accompagnaCon verga in man di disciplina. Or dunque
Chi vieta a’ moti, irregolari è vero,
Ma non men saggi, della mente, il varcoIn proni carmi aprir, che scendon facili
Dall’animo sereno? E’ sembra, amico.
Sappi però che curïoso ingegnoA me scherzosa fe’ Natura. A tutto
Pronto e’ mi s’offre; e poi dov’io l’invito,
Vien meno, e volge meno ov’io lo sprono,
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. . . . . . Or poi che incauto a casoTi scoversi mia mente e a me detrassi,
Forz’è, che un po’, ma sol col ver, m’aggiunga.
Tu non darmi alla mente un cor simile:
La Natura, se toglie, anco compensa.
Non somme cose.
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E quando la Canicola già bolleAmo ombre e gelid’acque . . .
Del bruno agricoltor spossato e molleVera compassion mi tocca, cui
La messe aleggia e ’l colmo Autun vicino,
Mercè di cui nel verno avaro immemoreAl domestico foco ei favoleggia
Colla nutrita famigliuola allegra.
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Se dura pelle il cuor mi vesta o vivaCarne il circondi, e dentro e fuori il tessa
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Se poi sostieni che di te guardingo,
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Natura Natura Canicola Autun
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