Nella corrispondenza frequente e pronta cogli amici lontani, anco inuguali, era il Rosmini, fin nella stretta delle occupazioni, puntuale, e quasi direi scrupoloso; perchè gli affetti pensati e conciliati al dovere tenevano del dovere nella sua coscienza. E le lettere pulitamente scritte e con efficace brevità m’insegnava a pregiare; ed egli curava lo stile delle sue com’opera d’arte, senza che ci perdesse la spontaneità dell’affetto. Debito dello scrittore stimava essere la lima, ch’è bisogno al pensiero riflettentesi sopra sè stesso, e può essere esercizio di modesta e fortemente paziente e ispiratrice virtù. Disegnava un’operetta, tra narrazione e visione, nella quale esporre i propositi della propria vita, e quasi sè a sè medesimo vaticinare: e ne voleva lavorato lo stile con grande cura. Il periodo che ne’ primi esercizi gli riusciva ampio per amore del numero e per imitazione di scrittori italiani soverchi in parole, fece poi più severamente composto in sè stesso, e ne’ suoi giri più snello. E ne’ Promessi Sposi lodava un pregio non notato da’ più, la nettezza con cui nel costrutto le idee si compartono, e, coerenti tra sè, l’una pure dall’altra ha risalto; com’albero che nella sua unità si dispiega in rami, e l’aria libera gioca tra fronda e fronda. Le parole collocate in luogo cospicuo da fermarvi sopra il pensiero, notava come bellezza potente; e il fedele rispondere delle parole alla cosa, sapientemente nominato proprietà, assomigliava al venire di palla che cada per l’appunto nel sito fatto apposta per essa, nè più qua nè più là, e’ ci combaci.
| |
Rosmini Promessi Sposi
|