Le obbiezioni mosse contro la dottrina del Saggio risolvonsi non solamente con le risposte da lui date e con gli altri suoi libri, ma col Saggio stesso, chi bene ci pensi. Se non che gli avversari, invece di affrontare l’idea principale e provarsi di combatterla, se potevano, direttamente, e poi prendere a una a una le argomentazioni che la sostengono e con ordine confutarle, fecero il libro in brani: altri non solo con buona fede ma con cortesia riverente, altri in altra maniera, usando, fra gli altri artifizi, di quella dissimulazione de’ luoghi che il Rosmini nel suo Galateo de’ Letterati, prima di farne in sè troppo duro esperimento, notava.
Uno de’ suoi avversari, fra gli errori che gl’imputa, non concede al libro suo altro di buono che l’osservazione del sentimento fondamentale: ch’è veramente cosa notabile; nè da certi suoi censori, a strizzarli, si spremerebbe tanto: ma chi medita, vede ch’in quel libro è ben più. Il fondarsi che il Rosmini fa sulla distinzione della cognizione diretta dalla riflessa, della necessaria dalla volontariamente negabile, e il dedurne con virtù creatrice tante conseguenze importanti all’origine delle idee e alla moralità delle azioni, non solo giustifica la sua dottrina, ma n’è lode grande. E il congiungere ch’egli sempre faceva la moralità coll’idea, il non scindere l’anima umana come i più de’ filosofi sogliono (simili a que’ fisiologi che studiassero in sola una parte degli organi corporei la vita), è prova d’animo retto insieme e di forte intelletto; giacchè ogni dirittura di movimenti rende la forza vieppiù efficace, e ogni forza, trovando ai movimenti la via più diritta e facendosela, li fa più veloci.
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