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      In questa forza del toccare i termini del vero senza trascenderli, dell’accostarsi alle due opinioni contrarie senza rasentarne gli eccessi, un solo ingegno io trovo comparabile al Rosmini, e forse in ciò maggiore di lui, l’ingegno d’un italiano, d’un frate (me ne dispiace, ma io non posso sfratarlo, nè confiscargli la Somma per aggiudicarne il valore come meglio a me piacerebbe): Tommaso d’Aquino. Ma se nel frate lodato da Dante, e avvelenato, dicono, dal re di Napoli perchè non andasse al Concilio, il disegno della grande opera è con più previdenti proporzioni ordinato; se in ciascuna particella è condensata la dottrina per modo che ogni sentenza, ogni parola ha un valore suo e pur consonante col tutto, egli dona e ne acquista una bellezza matematica insieme e poetica che spaventa d’ammirazione il pensiero; non darebbe troppo al Rosmini chi affermasse di lui che più nuove cose egli aggiunse all’eredità della scienza; che, trovando interrotto da recenti rovine il cammino di quella, gli si richiedeva più forza di mente a spiccar voli arditi per ricongiungerci al passato, e quindi con più foga rincorrere nell’oscuro avvenire.
     
     
     
      XVII.
     
      L’ordine ch’egli segue ne’ suoi trattati, non sempre il perfettissimo prova anch’esso però la chiarezza e il vigore di quella mente; ed è tutt’altro da quel lavorìo che taluni ammirano ne’ Francesi, i quali sono meritatamente lodati per l’arte di comporre libri in modo chiaro e facile a leggere; ma non sempre corrisponde la profondità alla chiarezza, la sodezza alla facilità. La facciata del loro edifizio è sovente d’architettura regolare, ma non sempre le parti interiori si convengono con la facciata.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147

   





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