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      Ognun sa come il discernere dove stia la difficoltà, sia la prima condizione del poter superarla; ognun sa come la storia della filosofia si componga di questioni nuove che fa l’uomo a sè stesso, o di presentate in modo nuovo, che coll’insolito prospetto riscuotono l’attenzione languida, e aggiungono alla ricerca del Vero la grata ansietà del dubbio onesto e il pungente sollecito della curiosità; come in questo sia il pregio principale della dottrina Socratica ammaestrante più con le interrogazioni che colle affermazioni; come Cristo stesso sovente istruisca interrogando; come nella domanda fatta bene, la risposta si trovi meglio che in germe racchiusa. Il Rosmini, più potentemente di Socrate, fa da levatrice al pensiero, perchè non solo sovviene al parto, ma alla formazione del concetto, e i concetti nati in luce difende e alimenta. Si paragoni il dubbio socratico perfezionato dal Rosmini, dubbio che conduce a certezza, colle asseverazioni del Bentham e degli uomini del secol passato, de’ cui principii il Bentham non fa che mostrare con vanto sincero lo scheletro arido come bellezza suprema e soprabbondante di vita. Si paragoni quel poco che il Rosmini come per digressione accennò delle sue idee cosmologiche con quanto ne ragiona di proposito l’Humbolt, uomo di sì ricco ingegno, di sì ricca esperienza e dottrina; e vedendo come da quella accumulazione di fatti il Tedesco non sappia o non voglia dedurre alcun principio fecondo, e nè anco di quelle leggi di seconda e di terza mano, la cui vista parrebbe possibile anco alle menti orbate d’ogni credenza, parrebbe anzi impossibile che non l’abbiano; e si sentirà di che doti abbia Dio forniti gl’ingegni italiani, non per inorgoglirne ma per tremare del facile abuso, e per ammirarle in chi più risplendono; si sentirà quanto aiuti la tradizione umile della fede ai voli animosi della scienza; si sentirà più dolore che il Rosmini sia morto innanzi d’esporre sul grande argomento delle leggi cosmiche le idee che fin dalla giovane età meditava.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147

   





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