Ond’egli, avvertito, confessava l’innavvertenza commessa. E nel correggere, parlando, l’altrui sbaglio, usava assai volte delicatezza rara, mostrando di voler meglio dichiarare l’altrui pensiero non bene significato, e dandone il merito a quello con tutta sincerità: perchè spesso le cose che paiono spropositate non sono che trascorsi di lingua o di penna. Esso però ritrattava francamente le proprie opinioni, vista meglio la verità: e così circa gli studi del magnetismo, pendeva da ultimo a stimarli più fruttuosi, ancorchè non debitamente avviati. La modestia de’ suoi portamenti e delle parole vinceva quella che appare dagli scritti di lui, dove il senso profondo del vero lo zelo del persuaderlo, e l’essere lui persuaso che l’asseveranza del dire aggiunga autorità in quanto attesta la fede e l’affetto intimo di chi scrive. lo trassero a maniere talvolta un po’ risolute. Ma quella ch’io dicevo abituale modestia della sua vita, dove l’affettazione e la finzione son meno possibili che negli scritti, dimostra che quel sentimento era indole in esso, e mi conferma nel credere che negl’Italiani, al contrario d’altre nazioni, l’uomo è sovente miglior dell’autore, l’animo più ben fatto del libro. Era l’umiltà all’edifizio del viver suo base e cima, sostegno e ornamento; e però congiunta a decoro. Nè egli avrebbe imitate certe ingegnose stranezze di quel Santo civilissimo e veramente fiorentino, ch’era Filippo Neri; col quale del resto il Rosmini si conviene nell’amore degli studi eleganti e nell’ardente e quasi tenero amore di Dio, e nella piacevolezza de’ modi e nella cura del formare gli animi giovanili a virtù ilare e disinvolta, e nell’intento d’accomodare le istituzioni religiose e l’educazione alla natura de’ tempi.
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