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      La misura una e immutabile, le proporzioni varie. Egli giovane teneva in sua casa conferenze in cui spiegare a’ preti più attempati di lui le dottrine del gigante d’Aquino, e per adattarsi all’intelligenza e all’umore di certuni di loro, usava o lasciava ch’altri usasse similitudini da dover parere a tal mente materialissime e puerili, delle quali lo stesso Aquinate talvolta non si vergogna, per porgere, come dice egli stesso, il latte a’ parvoli, imitatore di Platone e di Cristo. Ma quando trovava uditore più attento, allora godeva di poter congiungere alla chiarezza la profondità. E mi rammento che, interrogandolo io di quel che le Scuole intendessero per la parola forma, me ne porse una dimostrazione insieme e un’imagine da pensatore artista, da maestro oratore; e giovava che lo ascoltassero que’ biasimatori del Dizionario che alla Crusca rinfacciavano con ignaro disprezzo l’aver detto forma l’anima umana secondo il linguaggio del tempo loro e di tanti secoli d’antichità, meritatamente ripresi da G. B. Niccolini.
      Dopo il trenta il Rosmini avviava chierici nella sacra eloquenza, della quale stimava essere prima dote la semplicità dell’affetto, e in certi parrochi di campagna la sentiva più efficace che in certi predicatori di corte. E appunto perciò egli il predicare chiamava una carità intellettuale, e impone per norme a’ suoi confratelli della Carità di predicare in tutte le forme. Non già che sprezzasse le diligenze dell’arte, ch’anzi troppo n’era ne’ primi anni vago; e anche poi inaspettatamente invitato a predicare, ciascuna predica meditava, egli sì ricco d’idee, ma appunto perciò più severo nello scegliere e nell’ordinarle, per rispetto del vero e degli uditori e di sè, per coscienza e di mente e d’anima, per quell’alta necessità che sentono gli spiriti eletti del tendere in ogni cosa alla possibile perfezione, del prendere, anco negli atti più passeggeri, abiti buoni, del vigilare sè stessi e non ricadere languidi sopra di sè. Poi uno degli assunti del suo Istituto fu l’educazione de’ chierici, per rinfondere ne’ religiosi quella spiritualità di religione che gli pareva in certuni venuta meno.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147

   





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