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      Mi rammento che nella prima mia visita), avend’egli seco un bambino del suo servitore (il qual era consigliere al buon vecchio e gli faceva l’uomo addosso quand’e’ si perdesse in lavori che non fruttavano) e’ c’insegnò come qualmente nell’infanzia dell’uomo studiava l’infanzia de’ popoli; e nella seconda visita, dopo additataci l’Atlantide nelle isole voluttuose del mare Pacifico, accennate da Isaia profeta dicente: Ite Angeli alla gente lacerata e divulsa, mi fece recitare un suo articolo di giornale semplicemente per la contentezza del sentirsi leggere, stando con faccia serena ad ascoltare se stesso. Egli era morto di poco; non però richiedevasi meno coraggio a raffrontare le ire di certi suoi seguaci co’ quali il Rosmini discese a pugna non degna di lui. Quegli stessi che l’amano e ammirano, appunto perciò confessano ch’egli non sempre in tali prove serbò carità nè pacatezza di mente; e lo diceva egli stesso. Io non ho diritto di farmene giudice. Quando agitavansi le miserabili zuffe per i quindici canti del Grossi io stavo per uscire con una risposta che m’avrebbe procacciati disgusti assai; ma il Rosmini me ne rattenne quasi supplichevole, affermando per tutta ragione che ne l’avrei poi ringraziato: e obbedii, e stracciai le bozze di stampa. Poi quando seppi ch’egli si preparava a rispondere al Sr Mamiani, esule allora e malato degli occhi gravemente e che trattò lui con rispetto, io che dall’esilio avevo smesso di scrivergli, scrissi pregando che si temperasse. Non so se la mia lettera tra le difficoltà di quel tempo gli sia capitata; e credo che no: ma egli fu soverchiamente severo al cortese riprenditore; e questo non per odio o disprezzo della persona, non per cocciutaggine o boria, nè per l’ebrietà della fama acquistata; ma per un troppo zelante amore del vero, per una persuasione fermissima della importanza delle verità da lui propugnate, forse per la non ancor matura esperienza de’ mali effetti che può portare una parola anco detta a buon fine, per non conoscere di persona l’avversario (e il conoscerlo se talvolta aizza, più sovente mansuefà), e per il peso stesso ch’e’ dava al detto di lui, ch’era una indiretta, tuttochè non desiderabile, significazione di stima.


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Antonio Rosmini
di Niccolò Tommaseo
pagine 147

   





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