na nota ad altro lavoro in caratteri minuti da pigliar meno spazio e avventare meno; vede perchè, provocato, io non rispondessi, io che de’ suoni grandi e delle grandi potestà non ho mai dimostrato, dicono, gran paura, io che avevo ancora assai calda l’anima, e la mano assai ferma da scrivere poche sì ma di quelle parole che non si dimenticano; vede perchè, messa insieme una serie di sentenze contradditorie raccolte non da più libri di tempi diversi, ma da uno de’ libri suoi, ne interdicessi la stampa a un amico per non moltiplicare le discordie in momenti all’Italia gravi; vede perchè, quando de’ già esaltatori suoi, e piemontesi, gli si scagliavano contro ne’ primi mesi del quarantanove per fatti che io non posso nè riprendere nè lodare perchè non li intendo, io non cogliessi quel punto a sfogo d’ignobile e crudele vendetta; vede come e innanzi e dopo l’acerba sua morte io commendassi le buone qualità dell’animo suo, e lo difendessi a taluni di coloro che si sarebbero a lui vivente e vincente prostrati con esultazione trepida e con adorazione superba.
Se il Gioberti conosceva di persona il Rosmini prima, lo trattava in altra maniera: l’ebbe a dire egli stesso. Lo conobbe, ministro; e l’inviò al papa in nome del re. Il Rosmini che aveva per massima di accettare ogni opportunità di far bene senza eccettuarne le offertegli da’ suoi avversari; egli che, non offensore anche dopo provocato, poteva guardare a fronte alta e serena lo scrittore e il teologo e il ministro, congiungendo le tre qualità nella stima debita ai pregi dell’uomo, ubbidì con volto nè superbo nè modesto(6). E quando onorata povertà fece l’esule maggiormente cospicuo, l’umile prete di Stresa scrisse a un amico di lui offrendosi di concorrere ad alleggerirgli quel nobile ma indebito peso, a patto di rimanersi celato, e la scelta de’ modi affidando a esso amico.
| |
Italia Gioberti Rosmini Rosmini Stresa
|